Potremmo già esserci lasciati alle spalle la sharing economy. Le piattaforme di lavoro come Uber, cioè coloro che fanno incontrare lavoratori (ad esempio autisti) con utenti che necessitano di un servizio (i passeggeri), offrono guadagni medi in rallentamento rispetto al passato. Quelle di capitalecome AirBnB, che permettono di monetizzare i nostri beni come case ed automobili, vede meno adulti parteciparvi, percentualmente, rispetto a quanto accadesse l’anno scorso.
Questo dice uno studio di JPMorgan Chase Institute sulla sharing economy.


Visti così i numeri sembrano preoccupanti e fanno pensare a un fuoco di paglia più che ad una rivoluzione dei modelli di business a cui siamo abituati. Eppure non è così. Guardando bene i grafici del JPMorgan Chase Institute si vede un rallentamento della crescita, non una decrescita. E’ normale quando si guarda all’adozione di nuovi modelli vederli crescere meno velocemente. Non si tratta comunque di un declino.
Al rallentamento della crescita negli Stati Uniti, che rimane comunque una crescita in termini assoluti, ha sicuramente contribuito una situazione del mercato del lavoro più florida di quella che si poteva trovare qualche anno fa e che ha fatto sì che molti si avvicinassero a questo nuovo mostro sconosciuto per arrotondare il proprio stipendio (o per ricavarne uno qualora avessero perso il posto di lavoro).
La sharing economy e la subscription economy stanno rivoluzionando il modo in cui viviamo, consumiamo beni e usufruiamo di servizi, dalla mobilità al food delivery. Certamente la recente questione Uber vs Taxi che ha preso banco in tutta Europa e il caso Foodora che ha animato le pagine dei quotidiani italiani, han reso palese che vi siano ancora aspetti da correggere, regolare o de-regolare ma, checché ne dica JPMorgan, la sharing-economy è qui per restare e ciò che ci riserva il futuro è davvero entusiasmante.
Siamo solo all’inizio.