Self driving car, BOT e chatbot, IoT, machine learning e NLP stanno diventando termini che sanno sempre meno di futuro e sempre più di presente. Siamo solo all’inizio ma l’AI, l’intelligenza artificiale, sta animando con insistenza le pagine dei giornali e molte conversazioni di business. Anche se tutti i grandi della tecnologia da Google ad Apple a Uber stanno lavorando ad onomaomobili a guida autonoma, passa spesso inosservato il fatto che le auto di ultima generazione hanno capacità di controllare lo sbandamento di corsia, parcheggiare autonomamente, effettuare un sorpasso e accelerare/frenare in base al comportamento delle altre auto sulla strada. Per la guida autonoma c’è ancora qualche passo da fare, soprattutto in materia di gestione degli imprevisti, ma non è certo qualcosa di molto lontano, Tesla docet.
I giornali, oltre che a raccontarci quotidianamente degli ultimi brevetti (e le ultime dispute) sulla guida autonoma, parlano principalmente di speaker tuttofare come Amazon Alexa, Google Home o Apple HomePod. Ci raccontano un futuro, lontano ancora una manciata d’anni, dove con la voce governeremo molte delle cose che oggi facciamo con un dito e uno smartphone… e anche qualcosa in più. È facile distrarsi e cadere nel tranello di pensar che l’AI sia ancora lontana o, peggio, sia solo un giocattolino tecnologico di poca importanza.
L’AI richiede alle aziende un nuovo modo di pensare: come disegnare la customer experience e il modo in cui i clienti interagiscono con il brand; ripensare i processi produttivi in ottica industria 4.0 ma non solo; ridisegnare i prodotti che mettiamo sul mercato. Le applicazioni dell’intelligenza artificiale non si esauriscono con l’automazione, la customer experience e l’efficienza / efficacia operativa ma sicuramente sono un buon punto da cui iniziare.

L’automazione è la più facile da immaginare, specie se applicata ai processi produttivi. Ci sono ovviamente moltissime opportunità negli ambiti dell’industria 4.0 ma automazione vuol dire anche, se non soprattutto, ripensare e far evolvere il modello di business e i prodotti: Uber, che tutti conosciamo come acerrimo rivale dei tassisti di mezzo mondo, investe sulla guida autonoma non tanto per applicarla alle auto, dove sicuramente ci saranno benefici, ma per applicarla a camion e TIR per trasformarsi in un’azienda di logistica distributiva, un corriere 4.0. Assistenti virtuali, BOT e chatbot offrono l’opportunità di gestire la relazione con il cliente 24 ore su 24 ma offrono anche una fenomenale occasione per costruire una user experience fortemente innovativa, personalizzata e facile da apprendere: la sfida, va da sé, è farlo bene e esprimersi con il linguaggio dei clienti, altrimenti l’effetto è opposto. Raccomandazioni basate sui big data, proprio come fa Netflix nel proporre nuovi film, sfruttare l’economia delle comunità, come fa Google Maps che usa i cellulari di tutti noi per monitorare il traffico in tempo reale e avvisare altri utenti di potenziali code, e ovviamente il dialogo come principale interazione, scritta o verbale. Attraverso la realtà assistita (AR) l’intelligenza artificiale può permettere di aumentare la qualità su una linea di assemblaggio indicando all’operatore il modo corretto di procedere o supportare noi umani in tutte quelle operazioni che richiedono di seguire una procedura (e che si prestano per questo all’errore di distrazione), siano l’installare un condizionatore o un bypass coronarico.
Per l’Albatros di Robur, il potente aeroplano / elicottero / missile / sottomarino / automobile immaginato oltre un secolo fa da Jules Verne, c’è ancora tempo. Per tutto il resto, nonostante sia ancora embrionale, la rivoluzione dell’intelligenza artificiale è molto più vicina di quanto si possa pensare. Meglio attrezzarsi.
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