In Italia pare che i mezzi di trasporto – siano essi aerei, treni, mezzi pubblici o taxi – abbiamo una propensione allo sciopero superiore a qualunque altro settore nel Paese (e curiosamente superiore anche ai paesi europei). È un dato che sorprende considerato che l’Italia dovrebbe essere un’eccellenza in campo turistico. Purtroppo non è così. I tanti turisti e cittadini che stamattina hanno provato a spostarsi nelle nostre splendide città per divertimento o per lavoro, hanno trovato un’altra giornata di disagi.
I taxi scioperano ma non è il 1992
Oggi i tassisti scioperano. Nonostante sia pronta la bozza dei 5 articoli del decreto con le misure per evitare pratiche di esercizio abusivo nell’attività di noleggio con conducente e del servizio taxi, oggi i tassisti scioperano. Non importa cosa dicano quelle misure, non importa in che direzione vadano, oggi i tassisti scioperano. Scioperano chiedendo il rispetto della legge 21/92 (il numero dopo la barra indica l’anno di nascita della legge). Scioperano perché i vari Uber (e la sharing economy) non rispettano una legge del 1992: l’anno delle Olimpiadi che hanno rilanciato Barcellona, delle stragi vigliacche di Capaci e Via D’Amelio, di Tangentopoli, del Karaoke che ha portato alle luci della ribalta il giovane Fiorello. Credo sia verosimile che, nell’anno in cui è stato inviato il primo SMS della storia (3 dicembre ’92), con grande probabilità il digitale e la sharing economy non fossero temi tanto attuali. Da quegli anni tutto è cambiato (e chi li manda più gli SMS?) ma la legge sul trasporto pubblico quella no, non dovrebbe.
Le soluzioni ci sono, basterebbe parlarne
Il tema è complesso e ci sono molte donne e uomini che hanno comprato da poco una licenza e che in qualche modo chiedono di esser tutelati ma è difficile poter pensare di fermare la rivoluzione che sta portando la sharing economy in tutto il mondo, dal car sharing fino a servizi come quelli offerti Uber. Difficile farlo dicendo no a tutti i costi. Difficile farlo se non ci si siede al tavolo, non si negozia né discute sperando di tirare un altro po’ a campare. Le rivoluzioni si fanno con le proposte, come ad esempio quella di raddoppiare le licenze ai tassisti, per permetter loro di venderne una, quella dell’Antitrust di prevedere compensazioni per i titolari, o quella di Uber che si è detta disponibile ad indennizzare i tassisti.
Ho contattato Carlo Tursi, General Manager di Uber in Italia, per chiedere una sua opinione. Mi ha gentilmente risposto così:
Oggi siamo finalmente di fronte all’opportunità di offrire alle persone quello che chiedono: più scelta e qualità nei servizi che usano per spostarsi. Le nuove tecnologie possono e devono consentirlo seguendo regole fatte per tutelare i consumatori e che aprano alla concorrenza nel settore. Solo in questo modo sarà possibile avere servizi più economici e creare lavoro. Ci auguriamo che il Governo ascolti anche le voci dei cittadini e dei consumatori.
— Carlo Tursi, General Manager Italy, Uber
Le rivoluzioni si fanno discutendo delle regole di prenotazione e rientro per gli NCC, dell’elenco dei taxi con licenza e degli NCC autorizzati. Eventualmente anche del registro delle app. Si fanno anche senza avere paura di perdere voti, nell’interesse dello sviluppo del Paese e dei suoi cittadini.
È sacrosanto il dritto allo sciopero ma è fondamentale che non diventi esclusivamente un’arma di ricatto: così si ferma un paese, i suoi turisti, i professionisti e i tanti cittadini che oggi avrebbero dovuto prendere un taxi e, forse, hanno preso un Uber.
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